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Arte, Whiskey e Design – Opportunità di Investimento nei Mercati di Nicchia

Arte, whiskey e design: opportunità di investimento nei mercati di nicchia

Introduzione

Negli ultimi anni, gli investimenti alternativi in beni di nicchia – come arte, auto d’epoca, gioielli e whiskey pregiati – stanno guadagnando sempre più popolarità, specialmente tra gli investitori facoltosi. Questi asset rappresentano una quota crescente nei portafogli, ma comportano costi e rischi significativi. Di seguito analizziamo le opportunità e le sfide legate a questi investimenti, sottolineando l’importanza di una pianificazione accurata e dell’assistenza di un consulente finanziario indipendente.

Quali opportunità offrono gli investimenti in beni alternativi come arte, auto d’epoca, gioielli e whiskey pregiati?

Gli investimenti alternativi permettono di diversificare il portafoglio oltre i tradizionali asset azionari e immobiliari. Nel 2022, un’indagine Deloitte ha stimato il valore di questi beni a 2.174 miliardi di dollari, e il settore è destinato a crescere ulteriormente. Tra questi, l’arte domina il mercato, con vendite di dipinti che nel 2023 hanno generato 65 miliardi di dollari, principalmente tramite rivenditori e aste.

osa sono i Global Passion Assets e quali sono i loro risultati recenti?

I Global Passion Assets comprendono investimenti in beni di lusso e di nicchia, come vini, whiskey, gioielli e orologi. Nel 2023, il giro d’affari di questo segmento ha raggiunto i 2,65 miliardi di dollari. Ad esempio, i whiskey pregiati hanno registrato una crescita del 280% negli ultimi 10 anni, anche se recentemente il loro valore ha subito una flessione.

Qual è il rendimento a lungo termine degli investimenti in arte?

Sul lungo periodo, l’arte può essere altamente redditizia. Un’analisi sui rendimenti a 20 anni delle opere dei 100 maggiori artisti ha evidenziato un rendimento del 5,8%. Questo risultato supera l’inflazione e il rendimento del mercato immobiliare italiano, sebbene sia inferiore rispetto al potenziale rendimento dell’azionario. È interessante notare che investimenti in opere d’arte contemporanea e post-bellica hanno performato meglio rispetto agli Old Masters.

Quali sono i principali rischi e costi associati agli investimenti nei mercati di nicchia?

Investire in beni alternativi richiede competenze specifiche, poiché i costi e i rischi possono essere elevati. In molti casi, il rendimento di questi investimenti non riesce a battere l’inflazione o i rendimenti di investimenti tradizionali come il mercato azionario o immobiliare. È fondamentale valutare attentamente le commissioni, la liquidità del mercato e le specifiche dinamiche di ogni settore.

Perché è importante affidarsi a un consulente finanziario indipendente per investimenti alternativi?

Un consulente finanziario indipendente offre un supporto personalizzato e imparziale, essenziale per navigare le complessità dei mercati di nicchia. Può aiutarti a definire obiettivi chiari, strutturare una strategia d’investimento diversificata e limitare i rischi, ottimizzando i rendimenti del tuo portafoglio.

Educazione Finanziaria a Scuola: Un’Iniziativa Apprezzata da Tutti

Educazione finanziaria a scuola: un’iniziativa apprezzata da tutti

Introduzione

La Legge 5 marzo 2024, n. 21 ha introdotto l’educazione finanziaria nei programmi scolastici italiani, integrandola nell’educazione civica per un totale di 33 ore annuali. Questo rappresenta un passo importante per migliorare le competenze finanziarie dei giovani e colmare il gap di alfabetizzazione finanziaria nel nostro Paese.

Che cos’è la Legge 5 marzo 2024, n. 21 e quali sono i suoi obiettivi?

La Legge 5 marzo 2024, n. 21 ha integrato l’educazione finanziaria nei programmi scolastici italiani come parte dell’educazione civica. L’obiettivo principale è fornire ai giovani competenze finanziarie di base e avanzate, aiutandoli a gestire consapevolmente le risorse economiche, comprendere i rischi e riconoscere le opportunità nel sistema economico.

Quante ore di educazione finanziaria sono previste nei programmi scolastici?

La legge prevede che le 33 ore annuali di educazione civica includano anche argomenti di educazione finanziaria. Questi saranno adattati all’età e al livello degli studenti.

Quali temi vengono trattati nell’educazione finanziaria per i più piccoli?

Per i bambini delle scuole primarie, i temi trattati includono:

  • La gestione della paghetta.
  • I concetti base di risparmio.
  • La protezione dalle truffe.

Quali argomenti di educazione finanziaria sono previsti per gli studenti delle scuole superiori?

Per i ragazzi delle scuole superiori, i temi si estendono a concetti più complessi, come:

  • Il rapporto rischio/rendimento.
  • I mercati finanziari e il loro funzionamento.
  • La gestione del denaro in situazioni più articolate.

Qual è l’opinione dei genitori sull’introduzione dell’educazione finanziaria nelle scuole?

Secondo un’indagine di Alleanza Assicurazioni e Bva Doxa:

  • L’80% dei genitori ritiene che l’educazione finanziaria possa avere un impatto positivo sui propri figli.
  • Solo il 12% dei genitori conosce bene la Legge 5 marzo 2024, mentre una parte significativa ha una conoscenza superficiale della normativa.

Cosa pensano gli insegnanti di questa iniziativa?

Anche gli insegnanti hanno accolto positivamente l’introduzione dell’educazione finanziaria nei programmi scolastici, riconoscendone l’importanza per preparare gli studenti ad affrontare le sfide economiche del futuro. Tuttavia, solo il 24% degli insegnanti conosce i dettagli della normativa.

Perché è importante l’educazione finanziaria nelle scuole?

L’educazione finanziaria è fondamentale per:

  • Ridurre il gap di alfabetizzazione finanziaria in Italia.
  • Preparare i giovani a prendere decisioni economiche consapevoli.
  • Promuovere una cultura finanziaria che favorisca la sicurezza economica a lungo termine.

Conclusione

L’introduzione dell’educazione finanziaria nei programmi scolastici rappresenta un passo importante per il futuro delle giovani generazioni. Sebbene ci sia ancora molto lavoro da fare per aumentarne la conoscenza tra genitori e insegnanti, questa iniziativa offre una solida base per migliorare la consapevolezza economica e finanziaria dei cittadini italiani.

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Criptoattività: tassazione integrale sulle plusvalenze oltre i 2.000 Euro

Criptoattività: tassazione integrale sulle plusvalenze oltre i 2.000 Euro

INTRODUZIONE

Negli ultimi anni, il tema della tassazione delle criptoattività ha suscitato numerosi dubbi e interpretazioni contraddittorie. Con le recenti istruzioni al quadro RT del modello Redditi, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito in modo definitivo l’aliquota e le modalità di calcolo delle plusvalenze su criptovalute e altri strumenti di questo tipo, ponendo particolare attenzione alla soglia dei 2.000 euro annui.

Dal 1° gennaio 2023, come sono tassate le plusvalenze da criptoattività oltre i 2.000 euro annui?

A partire dal 1° gennaio 2023, le plusvalenze derivanti dalla cessione, permuta o rimborso di criptoattività che superano i 2.000 euro annui sono interamente tassabili con un’aliquota del 26%. Le istruzioni al quadro RT del modello Redditi hanno confermato che tale importo non deve essere considerato come una franchigia, bensì come una semplice soglia oltre la quale l’intera plusvalenza diventa imponibile.

Quale normativa disciplina la tassazione delle plusvalenze su criptoattività?

Il riferimento normativo è dato dall’articolo 67, comma 1, lettera c-sexies) del Tuir, secondo cui sono considerati redditi diversi tutte le plusvalenze e altri proventi derivanti da criptoattività, purché nell’anno superino complessivamente i 2.000 euro. Le nuove istruzioni al modello Redditi ribadiscono che, oltre questa soglia, il calcolo delle plusvalenze avviene senza alcuna riduzione.

Cosa dicono le istruzioni al quadro RT del modello Redditi sulle criptoattività?

Le istruzioni al quadro RT del modello Redditi specificano che, una volta superata la soglia annuale di 2.000 euro, l’eventuale plusvalenza derivante da qualsiasi operazione (cessione, permuta o rimborso) sarà soggetta al 26% di tassazione in maniera integrale. Questo chiarimento supera i dubbi emersi dalla circolare 30/E/2023, che in precedenza lasciava intendere un diverso trattamento.

In cosa consiste il superamento dei dubbi espressi nella circolare 30/E/2023?

La circolare 30/E/2023 aveva generato incertezza, poiché alcuni contribuivano a interpretare i 2.000 euro come una possibile franchigia o soglia esente. Le recenti istruzioni, invece, stabiliscono con chiarezza che la tassazione al 26% scatta sull’intero ammontare delle plusvalenze, non appena si supera il tetto di 2.000 euro annui complessivi, chiudendo definitivamente ogni ambiguità.

Come può cambiare la strategia degli investitori in criptoattività a fronte di questa novità fiscale?

Dato il nuovo quadro normativo, gli investitori con detenzioni limitate o con strategie a lungo periodo potrebbero prestare maggiore attenzione ai propri movimenti, per evitare di superare la soglia di 2.000 euro. In alcune situazioni, potrebbe diventare più rilevante gestire con cura la tempistica delle vendite o dei trasferimenti, per non incorrere in una tassazione integrale più pesante.

CONCLUSIONI

Le recenti istruzioni al quadro RT del modello Redditi chiudono definitivamente le incertezze in merito alla tassazione delle plusvalenze su criptoattività: superare i 2.000 euro nell’anno implica una tassazione al 26% su tutto l’importo guadagnato. Conoscere le regole e i riferimenti normativi – in particolare l’articolo 67, comma 1, lettera c-sexies) del Tuir – è essenziale per chi opera nel mondo delle criptovalute, al fine di evitare sorprese e gestire in modo consapevole la propria posizione fiscale. Per una valutazione personalizzata e un approccio strategico alle tue criptoattività, contattami.

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Donazione indiretta: Il termine per il Fisco scatta con la Voluntary Disclosure

Donazione indiretta: il termine per il fisco scatta con la voluntary disclosure

INTRODUZIONE

Le donazioni indirette sono un tema spesso sottovalutato e fonte di possibili contenziosi con l’Amministrazione finanziaria. Di recente, la Corte di Cassazione ha fornito nuove indicazioni sull’argomento, chiarendo quale sia il momento in cui scatta il termine di decadenza per l’azione fiscale, specialmente quando le donazioni indirette emergono in seguito a una collaborazione volontaria (Voluntary Disclosure). Di seguito, troverai una serie di domande frequenti.

Cosa significa che il termine per il Fisco scatta con la Voluntary Disclosure in caso di donazione indiretta?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18724/2024, ha stabilito che il termine di decadenza per l’azione fiscale su una donazione indiretta tassabile decorre dalla dichiarazione volontaria che la rivela (ad esempio una Voluntary Disclosure), e non dalla data della donazione stessa.

Quando una donazione indiretta diventa tassabile secondo la normativa vigente?

Secondo l’articolo 56-bis del Dlgs 346/1990, le donazioni indirette diventano tassabili in due casi:

  • se emergono da dichiarazioni rese nell’ambito di procedimenti fiscali;
  • se comportano incrementi patrimoniali superiori alle franchigie (1,5 milioni di euro per donatari gravemente disabili, 1 milione di euro per coniugi o parenti in linea retta, 100mila euro per fratelli o sorelle).

Chi può effettuare la dichiarazione che fa emergere la donazione indiretta?

La Cassazione chiarisce che la dichiarazione può provenire sia dal donante sia dal donatario e può derivare anche da una richiesta di collaborazione volontaria, soprattutto nel caso riguardi attività finanziarie o patrimoniali detenute all’estero e non dichiarate.

Qual è il termine per l’avviso di liquidazione dell’imposta sulle donazioni indirette?

Il termine per l’avviso di liquidazione dell’imposta è di 5 anni e decorre dalla dichiarazione spontanea, non dal momento in cui è stata effettuata la liberalità.

Conclusione

La recente sentenza della Corte di Cassazione specifica che, in tema di donazione indiretta, la data di decorrenza dei termini per l’Amministrazione finanziaria inizia a partire dal momento in cui la donazione viene dichiarata (anche tramite Voluntary Disclosure), e non da quando è stata compiuta. Tale posizione ha un impatto rilevante sulle tempistiche di accertamento e deve essere tenuta in considerazione da chiunque effettui o riceva una donazione indiretta. Contattami per ogni dubbio o approfondimento.

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Obblighi fiscali e dichiarativi per opere d’arte, beni da collezione e cripto-attività

Obblighi fiscali e dichiarativi per opere d’arte, beni da collezione e cripto-attività

La detenzione e il commercio di opere d’arte, beni da collezione e cripto-attività comportano implicazioni fiscali rilevanti che è essenziale conoscere per operare in regola e ottimizzare la gestione patrimoniale.

Le opere d’arte e i beni da collezione producono redditi tassabili in Italia?

No, il possesso di opere d’arte e beni da collezione non genera redditi tassabili né è soggetto a imposta patrimoniale in Italia. Tuttavia, sorgono obblighi fiscali in caso di vendite, che possono essere classificate come abituali o occasionali.

Quando la vendita di opere d’arte viene considerata un’attività d’impresa?

La vendita abituale di opere d’arte configura un’attività d’impresa. In tal caso, è necessario dichiarare i redditi nei seguenti quadri:

  • Quadro RF: per redditi d’impresa ordinaria.
  • Quadro LM: per regime forfetario con ricavi fino a 85.000 euro.
  • Quadro RG: per contabilità semplificata con ricavi inferiori a 800.000 euro.

L’Irap non è dovuta in assenza di un’autonoma organizzazione volta a generare reddito.

Come vengono tassate le vendite occasionali di opere d’arte?

Le vendite occasionali generano un “reddito diverso” se l’acquisto iniziale era orientato al profitto. Questo reddito deve essere dichiarato nel Quadro RL della dichiarazione dei redditi, con possibilità di dedurre le spese inerenti.

Quali obblighi dichiarativi esistono per beni d’arte detenuti all’estero?

I beni d’arte e da collezione detenuti all’estero devono essere dichiarati nel Quadro RW per fini di monitoraggio fiscale. Questo obbligo si applica anche se i beni non producono redditi tassabili, includendo quelli conservati in cassette di sicurezza o detenuti tramite intermediari in Paesi non collaborativi.
Nel Quadro RW vanno riportati:

  • Il costo d’acquisto o il valore di mercato all’inizio e alla fine del periodo d’imposta.

Le stesse regole valgono per le cripto-attività e gli NFT?

Sì, le cripto-attività, inclusi gli NFT (non fungible token) che rappresentano opere d’arte digitali o beni da collezione, rientrano nelle medesime normative.
Si applica un’imposta sostitutiva del 26% sulle plusvalenze superiori a 2.000 euro.

  • Le plusvalenze sono calcolate come differenza tra il corrispettivo percepito e il costo d’acquisto.
  • Eventuali minusvalenze possono essere portate in deduzione nei quattro anni successivi.

Come viene determinato il costo d’acquisto per beni ereditati o donati?

  • Eredità: Il costo è quello dichiarato nell’imposta di successione.
  • Donazione: Il costo è quello del donante.
  • Mancanza di documentazione: Il costo è considerato pari a zero.

Conclusione

Conclusione

Affrontare i temi fiscali legati a opere d’arte, beni da collezione e cripto-attività richiede attenzione e competenza. Rivolgersi a un consulente finanziario indipendente garantisce una gestione trasparente e personalizzata delle proprie esigenze patrimoniali e fiscali. Affidatevi a un professionista per operare in regola e ottimizzare i vostri investimenti.

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Anziani: ricchi ma poveri – il paradosso di non investire

Anziani: ricchi ma poveri – il paradosso di non investire

Introduzione

Nonostante gli anziani italiani godano di redditi stabili e relativamente più elevati rispetto ad altri Paesi europei, il loro approccio agli investimenti è spesso inefficace. Questo fenomeno, evidenziato da analisi come quella di Eurostat, mostra come il patrimonio netto pro capite delle famiglie pensionate sia diminuito, a causa di una gestione concentrata su investimenti a basso rendimento. Di seguito, rispondiamo alle domande più frequenti che aiutano a comprendere questo paradosso e l’importanza di incentivare una gestione patrimoniale più dinamica e diversificata.

Qual è il ruolo degli anziani italiani nell’economia nazionale?

Gli anziani italiani hanno un ruolo cruciale nell’economia nazionale grazie a redditi stabili e mediamente più elevati rispetto al resto d’Europa. Secondo un’analisi Eurostat, il rapporto tra il reddito mediano degli over 65 e quello dei giovani è pari al 98%, rendendo l’Italia seconda solo alla Spagna in termini di distribuzione relativamente equa.

Perché si parla di “anziani: ricchi ma poveri”?

Nonostante dispongano di redditi elevati, gli anziani italiani tendono a risparmiare poco e investire in modo inefficace, concentrando i loro patrimoni principalmente su immobili e depositi bancari. Questo comportamento ha portato a una riduzione del patrimonio netto pro capite delle famiglie pensionate del 17,8% tra il 2013 e il 2023.

Qual è la situazione demografica degli anziani in Italia e il loro contributo all’economia?

La ricchezza complessiva degli over 65 in Italia rimane significativa. Negli ultimi dieci anni, il numero degli anziani è cresciuto da 12,4 a 14,1 milioni, evidenziando il loro fondamentale contributo all’economia nazionale, nonostante le difficoltà nella gestione ottimale dei loro investimenti.

In che modo i futuri anziani si differenziano dagli attuali in termini di investimenti?

La generazione dei futuri anziani, in particolare quella dei 55-64 anni, è numerosa e tende a diversificare maggiormente i propri investimenti. Questi individui presentano patrimoni medi più elevati rispetto alla media nazionale, il che offre opportunità per una migliore gestione patrimoniale se supportati da una strategia adeguata.

Cosa è necessario per migliorare l’efficienza economica nella gestione dei patrimoni degli anziani?

È essenziale incentivare una gestione più dinamica e diversificata dei patrimoni, sia per gli anziani attuali che per quelli futuri. Ciò richiede uno sforzo congiunto delle istituzioni e del settore finanziario, al fine di garantire benefici non solo per la popolazione anziana, ma anche per le future generazioni e per l’intero sistema economico italiano.

Monitoraggio fiscale 2024: le nuove disposizioni per cripto-attività e transazioni internazionali

Monitoraggio fiscale 2024: le nuove disposizioni per cripto-attività e transazioni internazionali

Il monitoraggio fiscale è diventato un tema sempre più complesso, soprattutto con l’inclusione delle cripto-attività nelle nuove disposizioni normative introdotte nel 2024. La gestione delle transazioni finanziarie internazionali e digitali richiede un approccio strategico e una piena comprensione delle normative in evoluzione. Affidarsi a un consulente finanziario indipendente rappresenta una scelta fondamentale per navigare questo panorama complesso, evitando errori che potrebbero comportare sanzioni o inefficienze fiscali. Per maggiorni informazioni contattami

Quali sono le nuove disposizioni del monitoraggio fiscale introdotte dall’Agenzia delle Entrate nel maggio 2024?

L’Agenzia delle Entrate, con il provvedimento del 9 maggio 2024, ha introdotto nuove regole per il monitoraggio fiscale delle movimentazioni di valore pari o superiore a 5.000 euro da e verso l’estero. Queste disposizioni estendono l’obbligo di comunicazione ai prestatori di servizi in valuta virtuale e di portafoglio digitale, in linea con quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2023.

Le cripto-attività sono soggette al monitoraggio fiscale?

Sì, la normativa aggiorna le disposizioni attuative dell’articolo 1 del Decreto Legge 167/1990, includendo le cripto-attività e le transazioni digitali nel monitoraggio fiscale. Questo significa che ogni movimentazione di cripto-valute di valore pari o superiore a 5.000 euro deve essere comunicata.

Quali operazioni sono soggette al monitoraggio fiscale secondo la nuova normativa?

Le operazioni interessate includono:

  • Denaro contante
  • Assegni bancari e postali
  • Assegni circolari
  • Vaglia postali
  • Carte di credito

e altri strumenti di trasferimento di valori, anche in modalità telematica conformemente all’articolo 67 del TUIR, sono incluse anche valute virtuali e cripto-attività.

Quali dati devono essere comunicati per rispettare il monitoraggio fiscale?

Gli obblighi informativi richiedono di fornire:

  • Data dell’operazione
  • Causale
  • Importo
  • Tipologia dell’operazione
  • Mezzi di pagamento utilizzati
  • Informazioni sui soggetti coinvolti (persone fisiche, enti non commerciali, società), compresi eventuali dettagli di residenza estera
  • Informazioni sugli intermediari finanziari coinvolti e sullo stato estero di provenienza dei fondi.

Come si trasmettono le informazioni richieste all’Agenzia delle Entrate?

Le informazioni devono essere trasmesse tramite il Sistema di Interscambio Dati (SID) dell’Agenzia delle Entrate. Per questo, è necessario utilizzare software di controllo dedicati messi a disposizione sul portale ufficiale. Le causali delle operazioni da comunicare sono specificate in una tabella analitica allegata al provvedimento.

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Come cambia la tassazione di oro e metalli preziosi dal 2024

Come cambia la tassazione di oro e metalli preziosi dal 2024

Introduzione

Investire in oro e metalli preziosi è da sempre una strategia diffusa per diversificare il portafoglio e proteggere il patrimonio. Tuttavia, il quadro normativo fiscale sta evolvendo, introducendo cambiamenti significativi che possono influire sulle decisioni di investimento e vendita. La Legge di Bilancio 2024 ha introdotto un nuovo regime fiscale che riguarda oro e metalli preziosi.

Quali sono le regole fiscali per la cessione di metalli preziosi allo stato grezzo?

Le plusvalenze derivanti dalla cessione di metalli preziosi allo stato grezzo (es. lingotti, granuli) sono classificate come “redditi diversi” e seguono le disposizioni dell’art. 68 del Tuir.

Cosa cambia con la Legge di Bilancio 2024?

Fino al 31 dicembre 2023, in assenza di documentazione del costo d’acquisto, la plusvalenza poteva essere calcolata forfettariamente come il 25% del prezzo di cessione. Dal 1° gennaio 2024, questa possibilità è stata eliminata: se non si dispone della documentazione, l’intero prezzo di cessione sarà considerato come plusvalenza tassabile

Come influisce il nuovo regime fiscale sui beni ereditati?

Il cambiamento penalizza in particolare chi vende metalli preziosi ereditati. In molti casi, non esiste documentazione del costo storico, e questo comporta che l’intero corrispettivo ricevuto venga tassato come plusvalenza.

La norma riguarda anche le pietre preziose?

No, la normativa non si applica alle pietre preziose come i diamanti. Questo crea una disparità di trattamento rispetto ai metalli preziosi, che sono soggetti alla tassazione più stringente.

Quali beni sono considerati “metalli preziosi” ai fini fiscali?

Secondo la Circolare n. 165/98 del Ministero delle Finanze, i metalli preziosi includono oro, argento e platino sotto forma di lingotti, pani, verghe, bottoni e granuli. Non sono inclusi i metalli lavorati (es. gioielli) né le pietre preziose come i diamanti.

Qual è l’impatto di questi cambiamenti per i contribuenti?

Il nuovo regime fiscale aumenta gli oneri per i contribuenti, specialmente in caso di vendita o pianificazione del passaggio generazionale. Questo sottolinea l’importanza di una corretta pianificazione patrimoniale per ridurre l’impatto fiscale.

Come può aiutare un consulente finanziario indipendente?

Un consulente finanziario indipendente può supportarti nella pianificazione patrimoniale e fiscale, aiutandoti a gestire la documentazione e a scegliere le strategie migliori per ottimizzare la tassazione in caso di vendita o trasmissione di metalli preziosi.

Conclusione

Con le nuove disposizioni fiscali, è fondamentale essere informati e preparati per affrontare le implicazioni delle cessioni di metalli preziosi. Rivolgersi a un consulente finanziario indipendente garantisce un supporto professionale per compiere le scelte giuste, proteggendo il tuo patrimonio.

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L’ascesa della gestione passiva

Negli ultimi dieci anni, si è assistito a un marcato declino dei fondi a gestione attiva a favore della gestione passiva, come gli ETF e i fondi indicizzati. In particolare, negli Stati Uniti, le somme di denaro che confluiscono verso la gestione passiva hanno superato quelle destinate alla gestione attiva da diversi anni. In Europa, questa tendenza è meno evidente a causa di un sistema finanziario che rimane predominante bancario. Tuttavia, la maggior parte delle risorse finanziarie è ancora investita in fondi a gestione attiva, rappresentando circa l’80% del totale in Europa.

Il volume di gestione degli ETF ha mostrato una crescita costante ed esponenziale, raggiungendo i 6 trilioni di dollari a livello globale e i 1.000 miliardi di euro in Europa. In Italia, sulla piattaforma ETFPlus, si registrano giornalmente dai 20 ai 50 mila scambi di ETF. L’ammontare delle risorse investite su questo segmento è di circa 100 miliardi di euro. Il mercato della Borsa Italiana, essendo uno dei più significativi in Europa, compete con il mercato tedesco per il numero di contratti scambiati e per il volume degli scambi.

Tipologie di ETP (Exchange Traded Products)

Il termine “ETP” identifica un insieme di prodotti finanziari che condividono un obiettivo comune: replicare l’andamento di un indice di riferimento e essere negoziati in borsa. Tra questi, possiamo distinguere:

  • ETF (Exchange Traded Funds): Questi fondi sono simili ai fondi comuni di investimento e sono soggetti alla direttiva UCITS. Questa normativa impone limitazioni al gestore sui tipi di investimenti permessi, promuovendo la diversificazione del rischio e aumentando la sicurezza per l’investitore. Un altro vantaggio è che il patrimonio del fondo è tenuto separato da quello dell’ente emittente, proteggendo gli investitori in caso di insolvenza del gestore.
  • ETN (Exchange Traded Notes): Questi strumenti sono obbligazioni strutturate che possono replicare l’andamento di una varietà di asset, inclusi quelli più volatili o esotici. Un esempio specifico di ETN è l’ETC (Exchange Traded Commodity), che si focalizza sulle materie prime. A differenza degli ETF, gli ETN non sono vincolati dalla direttiva UCITS, il che permette una maggiore libertà di investimento, ma con minori garanzie per l’investitore, come nel caso di investimenti in criptovalute o l’uso di leve finanziarie elevate.

Gli ETF (Exchange Traded Funds)

Gli ETF sono strumenti di investimento che, simili ai fondi indicizzati, permettono agli investitori di esporsi a specifici indici di mercato, che possono essere geografici, settoriali, azionari o obbligazionari. Questi fondi replicano passivamente la composizione di un indice, aderendo strettamente al suo andamento e alle sue performance di rischio e rendimento. La loro distribuzione degli investimenti (asset allocation) è strettamente legata all’indice di riferimento che mirano a copiare.

A differenza dei fondi comuni di investimento tradizionali, che si comprano o vendono al valore netto di liquidazione calcolato alla fine della giornata, gli ETF offrono la flessibilità di essere acquistati e venduti come le azioni durante le ore di apertura del mercato. Questo consente agli investitori di operare in tempo reale, con la possibilità di conoscere e reagire al valore di mercato attuale attraverso un singolo ordine di acquisto o vendita.

Differenza tra NAV e prezzo

Il Net Asset Value (NAV) rappresenta il valore contabile di un fondo, calcolato come la differenza tra le attività e le passività. Questo valore viene aggiornato quotidianamente e espressa nella valuta di base del fondo.

Al contrario, il prezzo di mercato delle quote del fondo si forma nel mercato secondario attraverso l’interazione di domanda e offerta degli investitori e viene espresso nella valuta in cui le quote sono quotate.

È importante notare che il prezzo di mercato può non corrispondere al NAV del fondo. Non ci sono meccanismi automatici che garantiscano l’allineamento del prezzo di mercato al NAV nelle quote degli ETF, il che può portare a disallineamenti.

Questi disallineamenti rappresentano un rischio per l’investitore, il quale potrebbe trovarsi a comprare o vendere quote a un prezzo che non riflette il loro valore reale.

Un esempio di questo fenomeno si è verificato durante il crollo dei mercati a marzo 2020, in seguito alla pandemia di COVID-19. Durante questo periodo, alcuni ETF che investivano in classi di asset meno liquide, come i bond ad alto rendimento, hanno registrato quotazioni significativamente inferiori rispetto al loro NAV.

I metodi di replica

Esistono due principali approcci di replica per gli ETF: la replica fisica e la replica sintetica, entrambe mirate a minimizzare l’errore di tracciamento rispetto all’indice di riferimento.

La replica fisica è la più comune tra gli emittenti di ETF e si divide in due categorie: completa e ottimizzata. Nella replica fisica completa, l’ETF include tutti i titoli dell’indice sottostante, mentre nella replica fisica ottimizzata l’ETF investe in un subset rappresentativo di questi titoli.

Dall’altro lato, la replica sintetica si articola in due forme: funded e unfunded. In entrambi i casi, si utilizzano contratti derivati, come gli swap, per emulare il rendimento dell’indice. La versione unfunded è attualmente preferita per la sua capacità di ridurre il rischio di controparte. In questo modello, l’ETF e la controparte swap scambiano periodicamente le performance di un paniere sostitutivo con quelle del benchmark dell’indice, aggiustando per il costo dello swap, se presente. Se il benchmark supera il paniere sostitutivo, l’emittente avrà un credito verso la controparte, ma in caso di default di quest’ultima, si potrebbero verificare perdite per gli investitori. Le normative UCITS limitano il rischio per controparte al 10% del patrimonio netto dell’ETF, ma spesso gli emittenti adottano ulteriori precauzioni per mitigare ulteriormente il rischio.

Il principale vantaggio della replica fisica risiede nella sua capacità di eliminare il rischio di controparte grazie alla segregazione dei beni; tuttavia, questa metodologia può risultare leggermente meno efficiente e più costosa rispetto alla replica sintetica.

Costi

Gli ETF presentano diversi costi, che si possono classificare in due categorie principali:

Costi incorporati nel Valore Patrimoniale Netto (NAV) del fondo, che sono quindi riflessi nell’andamento grafico del fondo stesso. Questi includono:

  • Commissioni di gestione.
  • Costi amministrativi, quali le spese per la banca depositaria, la pubblicazione delle quote, l’organizzazione delle assemblee, l’invio di comunicazioni, le spese legali, e altri costi simili.
  • Costi di transazione associati agli scambi di titoli all’interno del portafoglio, o le commissioni imposte dalle controparti negli swap.

È importante notare che i costi di gestione e amministrativi sono compresi nell’Indicatore di Spese Correnti, mentre i costi di transazione non sono inclusi e possono essere identificati solamente attraverso i flussi EMT.

Costi che si verificano al momento dell’investimento o del disinvestimento:

  • Lo spread bid/ask, che è il differenziale tra il prezzo di acquisto e di vendita osservabile al momento della transazione delle quote dell’ETF.
  • I costi di esecuzione delle operazioni, che sono applicati dalla banca, dalla Società di Intermediazione Mobiliare (SIM), o dal broker.

È rilevante sottolineare che gli ETF non prevedono costi di ingresso o di uscita, né commissioni di performance.

ETC (Exchange Traded Commodities)

Gli ETC e gli ETN (Exchange Traded Notes) si differenziano dai fondi comuni per il loro metodo di emissione: non vengono distribuiti come quote di fondi ma piuttosto come titoli di debito. Questa caratteristica li esclude dalla categoria degli organismi di investimento collettivo definiti dalla direttiva UCITS, quindi non sono soggetti ai relativi regolamenti. Tuttavia, possono essere considerati investimenti compatibili per i fondi UCITS, cioè possono essere inclusi tra gli asset acquistabili da tali fondi.

Per quanto riguarda la garanzia, gli ETC possono essere classificati in due categorie:

  • ETC con replica fisica, che sono garantiti da un attivo fisico. Questo tipo di ETC è tipico per le materie prime che si prestano a un facile stoccaggio, come i metalli preziosi (oro, argento, platino e palladio). In questo caso, il prezzo dell’ETC segue il prezzo spot della materia prima corrispondente.
  • ETC con replica sintetica, che invece utilizzano un contratto derivato per offrire esposizione alla materia prima. Questi ETC sono generalmente supportati da garanzie collaterali e il loro valore segue l’indice dei contratti future sulla materia prima in questione.

Futures e rolling sui contratti

Il contratto future è un accordo di compravendita a termine, in questo caso su materie prime. Tale contratto permette l’acquisto di un quantitativo definito di materia prima in una data futura prestabilita, conosciuta come “scadenza”, a un prezzo fissato al momento della stipulazione del contratto, denominato “Prezzo Forward”. Il future può essere trattato anche come un contratto derivato indipendente.

Nel contesto normale del Contango, un Exchange Traded Commodity (ETC) può subire perdite non direttamente correlate alle variazioni di prezzo della materia prima di riferimento, ma piuttosto legate alla necessità di aggiustare continuamente le posizioni per mantenere l’esposizione desiderata.

Gli ETC che utilizzano una replica sintetica della materia prima possono mostrare rendimenti significativamente diversi rispetto alla materia prima stessa, soprattutto se mantenuti per periodi medi o lunghi. Pertanto, si raccomanda di impiegare questi strumenti principalmente per operazioni speculative di breve termine, dell’ordine di pochi giorni.

ETN (Exchange Traded Notes)

Gli ETN sono strumenti finanziari che agiscono come obbligazioni zero-coupon e sono privi di scadenza, progettati per tracciare le performance di un indice specifico. Chi investe in ETN presta essenzialmente denaro alla banca emittente, diventando un suo creditore. Questo espone l’investitore al rischio di controparte, ovvero al rischio di perdere il capitale investito nel caso in cui la banca emittente fallisca. È possibile che gli ETN offrano opzioni di collateralizzazione per mitigare tale rischio.

Questi strumenti sono regolati dalla direttiva UCITS, che permette loro di coprire una gamma più ampia di classi di asset o indici rispetto a quanto normalmente consentito ai fondi comuni. Tuttavia, questa flessibilità si traduce in minori garanzie per gli investitori rispetto alle norme di diversificazione tipiche dei prodotti UCITS. Ad esempio, gli ETN possono investire in asset come le criptovalute, che sono esclusi dai fondi comuni.

Gli ETN possono anche incorporare strategie che utilizzano la leva finanziaria, potendo mirare a rendimenti sia positivi che negativi rispetto all’indice di riferimento, con leve che possono superare il rapporto di 2:1. Questo significa che possono amplificare i guadagni, ma anche aumentare i rischi di perdite.

La leva finanziaria

Gli Exchange Traded Products (ETP) a leva sono strumenti finanziari che mirano a replicare la performance giornaliera di un dato indice, moltiplicata per un fattore di leva specificato. Questo fattore di leva amplifica i rendimenti giornalieri dell’indice di riferimento. Tuttavia, per periodi di tempo superiori a un giorno, il rendimento complessivo di un ETP a leva può deviare notevolmente da quello inizialmente previsto a causa dell’effetto cumulativo della leva applicata giornalmente.

Gli Exchange Traded Notes (ETN) che utilizzano la leva o che adottano strategie short sono concepiti principalmente per operazioni di trading di breve termine. Non è consigliabile mantenere questi strumenti per periodi che superano la durata di una singola sessione di mercato, data la loro struttura e le dinamiche di rischio associate.

La rendicontazione obbligatoria dei costi di investimento: un documento trascurato e ancora poco conosciuto

Dal 3 gennaio 2018, data di entrata in vigore della normativa MiFID II (Markets in Financial Instruments Directive II), banche, Poste Italiane, società di intermediazione mobiliare (SIM) e reti di consulenti finanziari sono tenute a fornire ai loro clienti una rendicontazione dettagliata dei costi associati agli investimenti nell’anno precedente. Questo documento, che deve essere inviato entro il 30 aprile di ogni anno, ha lo scopo di aumentare la trasparenza e permettere agli investitori di comprendere meglio le spese sostenute nell’ambito dei servizi di investimento.

Nonostante l’importanza di questa disposizione, sembra che la sua notorietà tra i clienti rimanga bassa. Le ragioni di questa scarsa consapevolezza possono essere molteplici. In primo luogo, banche e operatori finanziari potrebbero non essere incentivati a fare ampia pubblicità a un documento che esplicita i costi spesso elevati gravanti sugli investimenti dei clienti. Questo potrebbe portare a una percezione negativa dei servizi offerti e, di conseguenza, a possibili ripercussioni commerciali.

Inoltre, la complessità dei termini utilizzati e la natura stessa delle informazioni presentate, alcune delle quali non strettamente inerenti alla finalità di tale documento, possono rendere difficile per la maggior parte dei risparmiatori comprendere appieno il contenuto e l’importanza della rendicontazione. Questo aspetto mina l’efficacia della normativa, che mira a garantire trasparenza e a permettere decisioni informate da parte degli investitori.

D’altra parte, la rendicontazione obbligatoria offre ai clienti un’opportunità preziosa di valutare l’efficacia e la convenienza dei servizi di investimento ricevuti. Gli investitori possono e dovrebbero utilizzare queste informazioni per confrontare i costi e i servizi offerti da differenti operatori del mercato e verificare l’impatto che essi hanno sull’efficienza del proprio portafoglio, incentivando così una maggiore concorrenza e miglioramento dei servizi finanziari.

Le autorità di regolamentazione, le associazioni dei consumatori ed i consulenti finanziari indipendenti giocano un ruolo cruciale in questo contesto. È essenziale che promuovano una maggiore educazione finanziaria e spingano per una divulgazione più efficace e accessibile delle informazioni relative ai costi di investimento. Solo attraverso un impegno congiunto e una maggiore sensibilizzazione sarà possibile assicurare che tutti gli investitori possano trarre pieno vantaggio dalle protezioni offerte dalla normativa MiFID II.

In conclusione, mentre la rendicontazione obbligatoria rappresenta un passo avanti significativo verso la trasparenza finanziaria, il suo successo dipende dall’effettiva implementazione e dalla capacità di raggiungere gli investitori in modo efficace e comprensibile. È fondamentale che tutte le parti interessate lavorino insieme per superare le sfide attuali e garantire che ogni investitore possa fare scelte informate riguardo ai propri investimenti finanziari.